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Raddoppio automatico della rendita, il lusso si vede anche senza visita

Raddoppio automatico della rendita, il lusso si vede anche senza visita

Raddoppio automatico della rendita, il lusso si vede anche senza visita

Anche in assenza di variazioni edilizie, il catasto può procedere d’ufficio al riclassamento dei fabbricati urbani

L’aggiornamento delle rendite catastali degli immobili non richiede alcuna ‘perlustrazione’ da parte dei funzionari del Territorio, quando gli stessi immobili non hanno subito modifiche edilizie e il loro classamento è, evidentemente, non in linea con quello attribuito a fabbricati simili e con medesime caratteristiche. La visita di controllo è ancor più superflua se il Comune su cui insistono ha ripartito il proprio territorio in microzone.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza n. 23313 del 3 novembre, ha avallato le ragioni dell’Agenzia del Territorio, appellandosi a un’attenta lettura delle norme che regolano la revisione delle rendite (articolo 3, comma 58, legge 662/1996 e articolo 1, comma 335, legge 331/2004).

Per il contribuente, vittorioso nei primi due gradi di giudizio, l’Amministrazione non avrebbe potuto raddoppiare il valore catastale del proprio appartamento, trasferendolo d’ufficio dalla categoria A/2 a quella A/1 (di lusso), senza aver prima verificato ‘di persona’ lo stato delle cose, così come previsto dall’articolo 54 del Dpr 1142/1969.

Nel ricorso di legittimità, l’Agenzia ha, a questo proposito, ricordato come tale disposizione sia stata nel tempo superata, già con il Dl 853/1984 grazie al quale era stata resa possibile la revisione automatica delle rendite, in assenza di variazioni edilizie, e poi con l’articolo 11 del Dl 70/1988, secondo cui, il classamento delle unità immobiliari urbane, in relazione alle quali sia stata redatta una dichiarazione conforme alle procedure e ai modelli catastali, ‘può essere effettuato anche senza visita sopralluogo, salvo successive verifiche, con riferimento ad unità già censite aventi analoghe caratteristiche’.

Questo il fulcro del contenzioso, ma sui banchi della Suprema Corte, la questione si è articolata in quattro diversi punti sostenuti dall’Agenzia del Territorio e in contrasto con altrettanti motivi alla base della pronuncia di merito impugnata.

In sostanza, l’Amministrazione ha difeso, oltre alla facoltà discrezionale della visita di cui si è detto, la fonte normativa richiamata negli avvisi di classamento, la mancata instaurazione di un dialogo preventivo con il contribuente e, in merito alla motivazione degli stessi avvisi, il rispetto dei principi generali prescritti per gli atti in materia catastale, nel caso specifico osservati anche solo con ‘la mera indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita all’immobile‘.

Per la Cassazione, i quattro rilievi sono tutti fondati, a cominciare dal riferimento normativo (articolo 3, comma 58, legge 662/1996) giustamente ‘prescelto’ dagli uffici del catasto (la Ctr aveva ritenuto, invece, applicabile al caso la legge 331/2004, articolo 1, commi da 335 a 337), secondo cui ‘gli uffici tributari dei comuni partecipano alla ordinaria attività di accertamento fiscale in collaborazione con le strutture dell’amministrazione finanziaria. Partecipano altresì alla elaborazione dei dati fiscali risultanti da operazioni di verifica. Il comune chiede all’ufficio tecnico erariale la classificazione di immobili il cui classamento risulti non aggiornato ovvero palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche. L’ufficio tecnico erariale procede prioritariamente alle operazioni di verifica degli immobili segnalati dal comune’.

Tale disposizione, combinata con il solo comma 335 della legge finanziaria 2005, riguardante la revisione delle rendite delle unità immobiliari ubicate in microzone comunali, avvalora la tesi dell’ufficio, con riferimento all’inutilità del sopralluogo.

Nella sentenza impugnata, le critiche cadono anche su presunte defaillance della motivazione sottostante agli avvisi dell’Ufficio tecnico erariale, consistenti nella mancata esplicitazione dei caratteri tipologici e costruttivi dell’immobile e del contesto nel quale lo stesso è inserito. Ma, anche su questo argomento, la Cassazione confuta l’assunto dei giudici di merito, affermando che tali elementi ‘servono unicamente a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa …, nella quale il contribuente conserverà integre tutte le sue facoltà di difesa’. Intanto, la motivazione, se pur indicante esclusivamente il criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, esiste ed è valida.

Sulla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, invocata dalla Ctr, la Suprema Corte, richiamando la sentenza n. 26635/2009 delle Sezioni unite, in materia di accertamenti standardizzati, ha ribadito che, in occasione del riclassamento automatico di un fabbricato, ‘non esiste alcun onere per l’Amministrazione di invitare il contribuente interessato a fornire chiarimenti e a produrre documenti prima che sia emesso un provvedimento accertativo’.

Dunque, l’Agenzia del Territorio ha ragione.

Toccherà, ora, a un’altra sezione della Ctr pronunciarsi, attenendosi ai principi di diritto enunciati nella sentenza 23313/2010.

Fonte: FiscoOggi-Paola Pullella Lucano

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