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Gli immobili invenduti aumentano il credito Iva

Gli immobili invenduti aumentano il credito Iva

Gli immobili invenduti aumentano il credito Iva

Le immobiliari di costruzione risentono della crisi economica più delle altre imprese e così si è venuto a creare un forte incremento di immobili invenduti

I problemi che derivano dalla crisi dell’invenduto sono più gravosi per le imprese di costruzione. Infatti la cessione di immobili è considerata imponibile se viene effettuata entro il quarto anno dalla sua ultimazione; invece la vendita eseguita dopo tale termine è essere esente da Iva, in base numero 8bis dell’articolo 10 del Dpr Iva.

Un immobile si considera ultimato nel momento in cui è idoneo alla sua funzione. La circolare n. 12/E/2007 ha chiarito quindi che tale momento coincide con la presentazione della dichiarazione di fine lavori da rendere in catasto (Dpr n. 380/01). Si considera ultimato anche l’immobile per il quale non è stata ancora presentata la dichiarazione di fine lavori, se viene concesso in uso a terzi con appositi contratti.

Il passaggio dal regime d’imponibilità al regime di esenzione nel settore immobiliare in virtù della vendita di un edificio dopo quattro anni dall’ultimazione comporta l’indetraibilità dell’Iva assolta nel periodo oltre che a due tipi di rettifiche della detrazione usufruita negli anni precedenti. Se l’immobile viene ceduto successivamente a tale termine genera un’operazione esente Iva (articolo 10, numero 8bis del Dpr 633/72) e quindi si pone il problema della rettifica dell’imposta per i decimi mancanti.

Ovviamente la cessione dell’immobile abitativo dopo il quarto anno genera l’indetraibilità dell’Iva sugli acquisti in rapporto all’ammontare delle operazioni esenti. La risoluzione 112/E/2008 ha, però, negato alle imprese di costruzione la possibilità di separare l’attività della cessione di abitazioni esente da quella di cessione di abitazioni imponibili, in quanto il codice attività è identico per entrambe le operazioni.

Tale interpretazione penalizza ulteriormente le immobiliari di costruzione da quelle di locazione, che possono invece separare l’attività di locazione esente da quella di cessione d’immobili esenti. Ne consegue che maggiori sono le operazioni esenti e minore è la detraibilità dell’imposta. Un’altra conseguenza derivante dall’applicazione del pro rata riguarda il disposto del comma 4, dell’articolo 19bis2. Tale disposizione stabilisce che per i beni strumentali devono essere apportate delle rettifiche all’Iva detratta a essi relativa quando il pro rata, nei nove anni successivi dalla data di ultimazione o di acquisto, varia per un valore superiore a dieci punti percentuali.

Un esempio per chiarire. La cessione di un immobile ultimato il 30 luglio 2006 e ceduto dall’impresa il 30 settembre 2010 è considerata esente ai fini Iva. Se la cessione esente rappresenta il 20% delle operazioni effettuate, l’impresa deve rendere indetraibile l’analoga percentuale di tutta l’Iva assolta sugli acquisti dell’anno e riversare all’Erario i 5 decimi dell’Iva detratta sulla costruzione.

Infine, se nell’anno 2009 e precedenti la detrazione è risultata pari al 100%, occorre riversare il 2% dell’Iva detratta sugli immobili nei nove anni precedenti e il 4% dell’Iva detratta sui beni immobili negli anni precedenti.

Una soluzione alternativa, ma non fatta propria dall’Agenzia delle Entrate: riversare per la costruzione divenuta esente da Iva tutta l’Iva detratta così tale cessione non genera pro rata né rettifica della detrazione.

Fonte: ilsole24ore

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