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Cedolare secca: perché non funziona come si pensava?

Cedolare secca: perché non funziona come si pensava?

Gli incassi del fisco per l’emersione degli affitti in nero sono inferiori alle perdite per l’aliquota agevolata.

Ed ecco perché si dice che non ha dato i risultati sperati. Almeno per il fisco. Per il contribuente, che prima pagava l’Irpef sul reddito da locazione con le aliquote ordinarie, la cedolare secca è stata un vantaggio, anche se molti di coloro che prima non dichiaravano questi redditi non hanno trovato la nuova imposta abbastanza “vantaggiosa”.

Allora, cerchiamo di capire meglio come funziona la cedolare secca, perché può essere conveniente, quando e come si applica e a chi conviene davvero. “La cedolare secca, creata allo scopo di far emergere gli affitti in nero, ha prodotto un gettito di gran lunga inferiore alle previsioni”, ha dichiarato di recente il direttore del dipartimento delle finanze del ministero dell’economia, Fabrizia Lapecorella.

Purtroppo, non c’è stata l’emersione prevista e la cedolare secca si è rivelata un vantaggio solo per chi già pagava. La cedolare secca è appunto una tassazione forfettaria con un’aliquota ridotta (21 o 19% a seconda del tipo di contratto) rispetto alle aliquote Irpef ordinarie. Nelle intenzioni dell’allora governo Berlusconi, che l’aveva introdotta nel 2011, avrebbe dovuto recuperare una grossa fetta di gettito sottratto al fisco.

In sintesi, la cedolare secca doveva stimolare i proprietari di case che fino a quel momento le affittavano in nero a denunciare i contratti in cambio di uno sconto fiscale. Una sorta di sanatoria: incassare meno di quanto si dovrebbe sulla carta, ma più di quanto succede nella pratica. Ma il risultato finora è stato diverso: cioè un quarto dell’incasso stimato.

Come sostiene lo stesso ministero, probabilmente una parte dell’insuccesso è dovuto alla complessità della procedura per esercitare l’opzione della cedolare. Un risultato inaspettato, ma che induce a riflettere sull’efficacia del conflitto di interessi fiscale che si vorrebbe inserire in Italia dando la possibilità di detrarre gli scontrini di alcune tipologie di spesa.

In effetti, il rischio è identico: per il cliente-contribuente la detrazione della spesa e la riduzione del carico fiscale con la dichiarazione dell’anno successivo, quindi il vantaggio fiscale futuro, può essere inferiore a quello economico attuale, che sarebbe quello di ricevere uno sconto sull’acquisto dividendo il vantaggio fiscale con il compratore. Anche in quel caso lo Stato rischierebbe di non far emergere il nero e ricevere meno soldi consentendo di detrarre scontrini emessi da negozianti che lo facevano già prima.

Purtroppo, bisogna fare una considerazione, reale e non ipotetica: tutti i cambiamenti richiedono tempi medio-lunghi per vedere i risultati, anche i cambiamenti fiscali. E l’idea della convenienza fiscale non è facile da recepire, per gli italiani, ma anche per i contribuenti di tutto il mondo. Forse o certamente serve più tempo per parlare della convenienza o meno della cedolare secca…

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