728 x 90



La riforma del condominio: ‘La Camera ha partorito un topolino’

La riforma del condominio: ‘La Camera ha partorito un topolino’

Così per Assocond-Conafi commenta l’Avv. Augusto Cirla. La Camera ha deciso sulla riforma del Condominio, ma il plauso arriva solo da cani e da gatti, che finalmente possono restare tranquillamente nel condominio, senza possibilità per nessuno di vietare la loro presenza.

Evviva: un’enorme delusione che i condomini da tempo già si aspettavano, leggendo qua e là le notizie che trapelavano dai quotidiani. Si può davvero parlare di ‘riforma’ di una disciplina che da oltre settant’anni aspettava di essere quasi radicalmente rivista? Le grosse modifiche non sono arrivate e quelle apportate sembrano lasciare ampio spazio all’insorgere di nuovo contenzioso giudiziario.

Cassata definitivamente l’idea di attribuire capacità giuridica al Condominio, si resta ancorati all’ormai obsoleta definizione di mero ‘ente di gestione’, cadendo poi in netta contraddizione nel momento in cui si continua a parlare di patrimonio del Condominio e di possibilità per lo stesso di richiedere autonomamente la trascrizione degli atti presso la conservatoria dei registri immobiliari.

Una riforma pigra, dunque, che in maggior parte ha preferito limitarsi a trasformare in norma principi che in giurisprudenza avevano ormai trovato ampia conferma: si pensi all’obbligo dell’amministratore di gestire i soldi dei condomini esclusivamente attraverso un conto corrente condominiale, principio peraltro che Assocond-Conafi da anni – e con non poca opposizione da parte degli amministratori – ne aveva a gran voce richiesto l’applicazione. Si pensi ancora all’estensione all’impianto dell’ascensore dei criteri di riparto delle spese dettati per le scale, argomento sul quale i giudici si erano persino stancati di scrivere.

Una riforma anche timida, perché non ha saputo apertamente affrontare il problema dell’acquisto o della vendita delle parti comuni, impaurita forse dal dovere abbattere il sacro principio della proprietà comune delle parti comuni. E dire che di esplicite proposte di modifica in tal senso non erano mancate, con addirittura previsione di un diritto di prelazione in favore del condomino nel caso di vendita di qualche parte comune.

Si è preferito invece nascondersi dietro una generica possibilità di modifica della destinazioni d’uso delle parti comuni, lasciando facoltà all’interprete di ravvisare in tale disposizione anche la possibilità di cedere le parti comuni: chiarezza e la trasparenza non sono evidentemente una caratteristica del Condominio. Ben venga almeno la maggioranza super qualificata (800 millesimi e quattro quinto dei partecipanti al condominio) per deliberare la vendita (e l’acquisto?) delle parti comuni: una finestra che, se non altro, consente di superare “il blocco” dell’unanimità dei consensi dei condomini, quasi sempre irraggiungibile a causa di ostinata e ingiustificata opposizione da parte anche di un solo condomino. Nel condominio deve prevalere il buon senso e la solidarietà e non certo l’egoismo e l’opportunismo.

E per l’amministratore? È corretto parlare di una riforma che aumenta le sue responsabilità? La risposta è positiva se si guarda al testo della proposta liquidata dalla Commissione Giustizia del Senato. Non è così se invece si legge quello deliberato in aula dalla Camera, dove i maggiori incombenti per l’amministratore sembrano essere quelli di tenere il libro dei verbali e di comunicare, al momento della sua nomina, i propri dati anagrafici. La sua carica si rinnova automaticamente, salvo che l’assemblea non ne disponga la revoca: e questo va bene, perché l’operato dell’amministratore deve essere valutato nel tempo e non certo nell’arco di un solo anno.

Male invece per le garanzie sulle possibili indebite appropriazioni dei soldi dei condomini, ipotesi quest’ultima che, nonostante la ferma (e fragile) smentita da parte delle associazioni degli amministratori, Assocond-Conafi riscontra con preoccupante frequenza. Che dire infine dei requisiti soggettivi previsti per svolgere l’attività di amministratore: per la Camera è sufficiente non essere ladri e godere dei diritti civili. Attenzione però, perché per coloro che hanno anche casualmente amministrato per un anno nell’ultimo triennio non serve neanche questo: con buona pace del portafoglio dei condomini.

Insomma, una riforma che, se il Senato non ci rimette le mani, rischia di diventare una fonte di lavoro sia per chi dovrà gestire l’inevitabile insorgere di contenzioso, appunto gli avvocati, e sia per coloro che saranno chiamati ad interpretarla, giudici in testa.

Una riforma che è già da riformare: e dire che la si aspettava da oltre settant’anni!

Per Assocond-Conafi
Avv. Augusto Cirla

Administrator
ADMINISTRATOR
PROFILO

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi con * sono richiesti

Cancel reply