Nel 2012 sono 907mila le famiglie intenzionate ad acquistare un alloggio: erano 1,4 milioni nel 2001, in pieno ciclo positivo, sono poi scese a circa 1 milione nel 2007, e il consuntivo per il 2011 è stato di 925mila.
Nel 2011 le famiglie che sono riuscite a realizzare l’acquisto sono state il 57%, ma nel 2012 sono scese al 46% nei comuni capoluogo. È quanto emerge dall’«Atlante Censis della Domanda Immobiliare» presentato di recente dal CENSIS. La famiglia italiana, da sempre «cerca-casa» per necessità e vocazione, inizia a incontrare serie difficoltà nel soddisfare questo elementare bisogno. E il più complicato accesso a una nuova abitazione costituisce uno dei fattori che in questa fase penalizzano di più il settore edilizio-immobiliare. Esiste, infatti, una domanda da parte di famiglie appartenenti prevalentemente al ceto medio che esprimono l’intenzione di acquistare un immobile per uso proprio o dei figli, ma non ci riescono.
Fra le grandi città metropolitane la quota più elevata di domanda residenziale delle famiglie si registra a Roma, seguita a pochi decimali da Milano. Più distanziata Napoli. Fra le aree metropolitane ai primi posti Bologna e Torino, seguite da Palermo, Bari e Firenze, poi Catania, Cagliari, Reggio Calabria, Genova, Venezia e Verona. Il rating delle altre città capoluogo vede in testa, quanto a intenzione all’acquisto di una residenza, Parma, Reggio Emilia e Bergamo.
Gli acquirenti sono in prevalenza già proprietari (8 su 10), per due terzi sono famiglie con due percettori di reddito, per il 61% del ceto medio, per il 26% della fascia alta di reddito, per il restante 13% a reddito moderato. Per quanto riguarda il tipo d’alloggio, prevalgono immobili nuovi o ristrutturati, in edifici multipiano, essendo minoritaria la domanda per le più costose case a schiera o individuali. Il 40% richiede un immobile ad alta efficienza energetica (in classe A o B).
Quello descritto dal Censis è il segmento «pagante», ma la casa è anche un problema sociale, che comprende un ampio ventaglio di situazioni diverse, con il rischio concreto di esclusione abitativa per i nuclei a più basso reddito (in modo particolare, gli sfrattati, gli immigrati e gli studenti fuori sede). Un’emergente tensione nel mercato degli affitti è evidenziata dai numerosi casi di sfratto. Fra il 2008 e il 2011 gli sfratti eseguiti sono aumentati del 14,7% (da 24.959 a 28.641), con valori particolarmente elevati in Emilia Romagna (8,5 ogni 10.000 abitanti), Toscana (7,9), Liguria (7,3), Lazio (5,2) e Lombardia (4,7). Ancora più preoccupante è la dinamica dei provvedimenti emessi, aumentati nel triennio del 10%, e di quelli per morosità (da 41.008 a 55.543: +35,4%).
L’affitto e i rischi di precarietà che ne derivano è connaturato alle condizioni sociali più deboli: a fronte di una media nazionale di famiglie in locazione del 21%, si sale al 35,4% per i monogenitori con un figlio minore e al 72,8% tra le famiglie immigrate. Anche il 15,6% degli anziani ultrasessantacinquenni che vivono da soli sono in affitto. Sempre più precaria e costosa è anche la condizione alloggiativa degli 800mila studenti universitari, per i quali sono disponibili solo 46.800 posti negli studentati pubblici.
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