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Le compravendite immobiliari, calo degli investimenti stranieri

Le compravendite immobiliari, calo degli investimenti stranieri

Il temporaneo allontanamento degli operatori stranieri che, al contrario, nella fase pre-crisi avevano fortemente contribuito alla crescita del settore, arrivando a rappresentare circa il 40% degli investimenti, fa sì che il mercato risulti oggi quasi interamente alimentato dalla componente domestica, caratterizzata da un basso profilo di rischio.

La presa di distanza da parte degli investitori esteri (soprattutto dei fondi aperti tedeschi), testimoniata dal drastico ridimensionamento dei flussi netti di investimento, non può in alcun modo essere compensata dall’operatività dei fondi immobiliari di diritto italiano o da altre iniziative di investimento di carattere locale. La percezione di rischiosità del contesto ha spinto ulteriormente gli investitori a privilegiare i comparti meno rischiosi, quali terziario e commerciale, che nella prima parte del 2011 hanno rappresentato poco meno del 90% delle operazioni, a scapito della quota di impieghi nei settori logistico-industriale e alberghiero.

La radicalizzazione dei fenomeni in atto ha determinato un’ulteriore compressione dei rendimenti prime dei comparti più ricercati. La ricerca di prospettive di redditività più lusinghiere rispetto a quelle garantite dai mercati di Milano e Roma, che storicamente catalizzano la quasi totalità delle transazioni, ha prodotto alcuni fenomeni: gli investitori hanno intensificato la diversificazione territoriale verso realtà secondarie, che nell’ultimo anno e mezzo hanno raggiunto una quota prossima al 30% e sono cresciuti gli investimenti nel comparto retail.

Nei primi nove mesi del 2011, la quota degli investimenti commerciali ha addirittura raggiunto il 52%, con un incremento del 37% rispetto all’anno precedente. A favorire la crescita del settore hanno contribuito la sottodotazione di spazi retail rispetto alla media dei Paesi europei e la capacità di tenuta dimostrata dai consumi nella fase recessiva, ancorché sostenuta da una progressiva erosione della quota di risparmio.

La sempre più diffusa aspettativa dell’esigenza di una rimodulazione dei prezzi in funzione delle profonde trasformazioni che hanno interessato il contesto, finisce per penalizzare fortemente i livelli di attività. La prospettiva di un’ulteriore modesta flessione, che scaturisce dalle risultanze
Analisi preliminari evidenziano come gli investimenti diretti retail con ogni probabilità saranno superiori ai €28 mld stimati da Jones Lang LaSalle a inizio anno; un significativo aumento rispetto ai volumi del 2009 (€12.3 mld) e del 2010 (€20.7). Geograficamente, l’attività resta concentrata in Gran Bretagna e Germania e la Gran Bretagna guida la classifica, nonostante la seconda metà dell’anno sia stata molto positiva per la Germania.

Secondo Jones Lang LaSalle il 2011 ha visto lo sviluppo di un’Europa a diverse velocità, con flussi di investimento e pricing condizionati dalla performance economica e dalla stabilità nazionale. Circa il 75% del volume complessivo è stato transato in cinque Paesi solamente. Questa polarizzazione non è stata solo geografica: il 2011 ha infatti registrato un focus esclusivo sugli immobili prime.

Per il 2012 ci si aspetta un trend simile, anche se si riconosce una maggiore attenzione verso le location più piccole e, soprattutto, verso la sostenibilità e la convenienza delle locazioni, a prescindere dall’area geografica. Questo approccio supporterà gli investitori nell’identificare opportunità al di fuori dei propri mercati core, sui quali tutti si concentrano.

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