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Economia Immobiliare, le compravendite

Economia Immobiliare, le compravendite

Per Nomisma nel decennio l’incremento dello stock di abitazioni è dovuto perlopiù alle nuove costruzioni.

L’incremento è stato notevolmente superiore alla crescita dei nuclei familiari, che approssimano la domanda di nuove abitazioni, così da far ritenere che si sia in presenza di un eccesso di offerta che, al di là della congiuntura, faticherà ad essere assorbito dal mercato (il rapporto tra nuove abitazioni e nuove famiglie che, a livello nazionale, è pari a 1,7, nell’insieme dei 13 maggiori mercati sale a quasi 3).

Il dato congiunturale riferito al 2011 ha confermato la tendenza dell’offerta a crescere, a cui si contrappone il proseguimento del calo della componente di domanda e sul mercato tali dinamiche si sono tradotte in un nuovo calo delle quantità compravendute che a fine anno potrebbe risultare del 6% per la componente residenziale e del 3,6% per quella degli immobili per l’impresa (uffici, negozi e laboratori e capannoni).

La logica conseguenza dell’attuale fragilità è rappresentata dall’ulteriore inevitabile allungamento dei tempi medi di compravendita e di locazione, arrivati ad attestarsi su livelli record in tutti i settori. Se confrontati con i tempi di vendita rilevati a fine 2007, l’allungamento è di un mese e mezzo per le abitazioni e di 2-2,5 mesi per uffici e negozi. Il protrarsi delle difficoltà congiunturali del settore ha indotto l’offerta a rivedere le strategie di prezzo e con esse gli sconti praticati sui prezzi richiesti, che hanno fatto segnare una riduzione per le abitazioni ed una crescita per uffici e negozi.

Questo comportamento dicotomico sembra dipendere da una diversa percezione circa l’evoluzione dei prezzi: nel segmento abitativo l’offerta sembra avere preso finalmente atto di una congiuntura che permane sfavorevole, optando per un rapido adeguamento al fine di perseguire gli obiettivi di realizzo; nei segmenti degli immobili per l’impresa continua, invece, a prevalere un atteggiamento di maggiore esosità iniziale, che ha portato a un innalzamento dello sconto in virtù della flessione dei prezzi d’acquisto.
Non meno problematica appare la situazione degli immobili corporate. Alle già descritte difficoltà sul fronte domestico, si associa la contestuale presa di beneficio da parte degli investitori internazionali, che hanno drasticamente ridotto l’operatività nel nostro Paese, orientandola in misura largamente prevalente verso il settore retail.

Il temporaneo allontanamento degli operatori esteri che, al contrario, nella fase pre-crisi avevano contribuito alla crescita del settore, risultando coinvolti in circa il 40% degli investimenti, fa sì che il mercato risulti oggi alimentato in misura nettamente prevalente dalla componente domestica, perlopiù caratterizzata da un basso profilo di rischio.

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